Nel mese di marzo di quest’anno, è emerso un dato interessante che rivela come, negli ultimi 14 anni, i soggetti che ricorrono all’impianto di una protesi ginocchio (o anca) sono sempre più giovani. La notizia è stata riportata da uno studio condotto da Matthew Sloan e Neil Sheth dell’Università della Pennsylvania di Philadelphia, la cui ricerca è stata presentata in occasione dell’incontro annuale organizzato da American Society of Orthopaedic Surgeon.
Rispetto ai pazienti del 2000, l’età media delle persone che si sono sottoposte alla sostituzione totale delle articolazioni (ginocchio oppure anca) si è abbassata di circa 2 anni.
In riferimento alla protesi anca, si è passati da un’età media di 66,3 anni nel 2000 a 64,9 anni nel 2014, mentre per la protesi ginocchio si è passati da un’età media di 68 anni nel 2000 a 65,9 anni nel 2014. Le donne continuano ad essere la maggioranza seppure si sia registrato un aumento dei pazienti uomini.
Può sembrare una differenza insignificante ma non lo è, concludono i due ricercatori. Perché?
“Una differenza di due anni è insignificante o no per la protesi anca o ginocchio?”. Lo abbiamo chiesto al dottor Michele Massaro ortopedico ginocchio, specialista in Ortopedia e Traumatologia del Gruppo Humanitas, operante a Milano e a Bergamo ed esperto in chirurgia mini invasiva.
Quanto dura la protesi al ginocchio e cosa succede dopo?
Secondo i due ricercatori Matthew Sloan e Neil Sheth, considerando quante persone si sottopongono all’impianto protesi ginocchio e anca, il fatto che l’età media sia diminuita di 2 anni non è un dato trascurabile ma abbastanza significativo. Gli impianti protesici mini invasivi durano molto (20-25 anni) ma hanno comunque una durata limitata. La durata è oltretutto soggettiva, dipende dallo stile di vita e da come si usano le articolazioni allo stesso modo di quelle naturali. Una volta che si consumano, bisogna ripetere l’intervento per sostituire le protesi.
“L’operazione di revisione è più complicata nel senso che richiede più tempo. Il paziente ha 20 anni di più, aumenta la percentuale di complicanze” affermano i due studiosi. Per questo motivo, si cerca di educare il paziente a far durare la protesi di ginocchio e anca il più possibile senza commettere errori, senza fare sforzi eccessivi preservando l’articolazione il più possibile. L’obiettivo è attendere il più a lungo possibile affinché il paziente sia sottoposto ad un unico intervento nel corso della sua vita.
Cosa ne pensa il dottor Michele Massaro?
Intervento di revisione della protesi ginocchio
Ciò che i due ricercatori hanno affermato, in conclusione, è discutibile almeno in riferimento alla protesi ginocchio e anca mini invasiva. Se la revisione della protesi è necessaria (a causa di infezioni, mal posizionamenti, dolori cronici o scollamenti), è quantomeno essenziale rivolgersi ad un chirurgo di comprovata esperienza.
“Non è un intervento di facile esecuzione – risponde il dottor Michele Massaro – ma, per quanto sia importante e delicata la tecnica mini invasiva anche in fase di revisione, risulta fondamentale una corretta esecuzione chirurgica dell’impianto protesico che sarà, probabilmente, una protesi semi-vincolata. Tali protesi rispetto a quelle convenzionali assicurano una maggiore stabilità: vengono impiantate in caso di usura importante dell’osso oppure di lesioni legamentose”.
In due parole, la chirurgia da revisione non può prescindere da un’eccellente tecnica chirurgica.
Protesi ginocchio monocompartimentale: il vantaggio dei vantaggi
In riferimento a quanto il dottor Michele Massaro ortopedico ginocchio ha affermato, c’è da aggiungere quello che rappresenta il vantaggio dei vantaggi nella tecnica chirurgica mini invasiva: la protesi ginocchio parziale o monocompartimentale. Finora, abbiamo trattato della protesi ginocchio totale e della relativa revisione. Cos’è la protesi ginocchio monocompartimentale? E’ un’ulteriore chance offerta dalla tecnica chirurgica più avanzata che esiste. E’ ancora più selettiva perché, se possibile, sostituisce osso e cartilagine consumati di uno solo dei tre compartimenti del ginocchio (mediale, laterale o femoro-rotuleo) nel caso in cui risulti l’unica parte danneggiata.
“I vantaggi riguardano sia l’impianto iniziale sia l’eventualità di una revisione – spiega il dott. Massaro – Rispetto alla protesi totale, quando si impianta una protesi monocompartimentale si riducono ulteriormente l’incisione, le dimensioni della protesi, tempi di intervento e di recupero, trauma, perdita ematica. In più, si preserva il legamento crociato anteriore e posteriore (se sono sani). Dopo il recupero, il movimento articolare del ginocchio risulterà al paziente più naturale”.
In caso di revisione, la protesi monocompartimentale dimostra un altro vantaggio: la possibilità di essere convertita in protesi totale. Non solo: talvolta, in caso di necessità della revisione per via della mobilizzazione di una delle due componenti della protesi, è possibile mantenere l’impianto monocompartimentale senza doverlo convertire in totale.
In altri casi, una volta consumato l’inserto in polietilene (l’unico elemento soggetto ad usura), l’intervento per la sostituzione comporterà meno rischi ed è più semplice da eseguire rispetto all’impianto della protesi totale.